A Roma, all'alba, quando tutti dormono, c'è un uomo che non dorme. Quell'uomo si chiama Giulio Andreotti. Non dorme perché deve lavorare, scrivere libri, fare il mondano e, non ultimo, predare. Calmo, ambiguo, imperscrutabile, Andreotti è sinonimo di potere in Italia da oltre quattro decenni. All'inizio degli anni Novanta, senza arroganza né umiltà, immobile, ambiguo e rassicurante, avanza inesorabilmente verso il suo settimo mandato come Primo Ministro. Prossimo ai settant'anni, Andreotti è un gerontocrate equipaggiato come Dio, che non teme nessuno e non sa cosa sia la paura: Abituato com'è a vedere questa paura dipinta sul volto dei suoi interlocutori. La sua soddisfazione è secca e impalpabile. La sua soddisfazione è il potere, con il quale vive in simbiosi. Un potere che gli piace, sempre immobile e immutabile. Dove tutto, battaglie elettorali, stragi terroristiche, accuse infamanti, gli scivolano addosso negli anni senza lasciare traccia. Rimane passivo e uguale a se stesso davanti a tutto. Fino a quando il contropotere più forte del paese, la mafia, decide di dichiarargli guerra.
Il divo (pronuncia italiana: [il ˈdiːvo], La celebrità o più letteralmente Il Divo, dal latino divus, "dio") è un film drammatico biografico italiano del 2008 diretto da Paolo Sorrentino. È basato sulla figura dell'ex primo ministro italiano Giulio Andreotti. Ha partecipato al Festival di Cannes nel 2008, dove ha ricevuto il Premio della Giuria. Il film è stato presentato anche al Toronto International Film Festival ed è stato candidato all'Oscar per il miglior trucco agli 82° Academy Awards del 2010.
La vittoria di Andreotti come primo ministro in carica rivela il tema della "particolarità" (partitocrazia, o "governo dei partiti") nella politica italiana, fortemente influenzata da un unico gruppo dominante di attori che governano indipendentemente dalla volontà degli elettori. Una nuova tendenza al populismo è emersa nella politica di molti paesi europei alla fine del XX secolo, dando vita a "una nuova razza di partiti e movimenti di destra radicale" che ottengono il favore della maggioranza grazie a una "leadership carismatica" e all'appello alle "ansie, pregiudizi e risentimenti popolari".
Nel film, Andreotti ha ricoperto il ruolo di Presidente del Consiglio per più mandati; alcuni sostengono che lui e molti altri attori politici in Italia utilizzino il cosiddetto "populismo morbido", che si avvale di strumenti, come i media, per fare appello alle masse popolari. Tuttavia, Andreotti non sembra enfatizzare alcuna politica specifica né tantomeno fare campagna elettorale.
Attraverso il ritratto di Andreotti, il film mostra come gli attori politici siano in grado di mantenere la loro posizione e il loro potere con poche o nessuna spiegazione su come lo abbiano fatto. Inoltre, l'incapacità di distinguere completamente se Andreotti fosse o meno affiliato agli omicidi di mafia trasmette la mancanza di chiarezza nei meccanismi del governo italiano. L'incombenza di Andreotti rivela il pentapartito, composto da cinque partiti che vanno dalla destra ai partiti centristi. Questa coalizione si è formata per evitare una maggioranza di sinistra ed è stata in grado di assicurarsi la maggioranza con metodi strategici di dare e avere. Mantenendo questo sistema di alternanza, si formò una "corruzione sistematica" in cui i partiti non erano più guidati dalle masse, ma dai loro partiti allineati, con conseguente "scambio di risorse".