Liberated: The New Sexual Revolution streaming disponibile da febbraio 2018

Immagine tratta da Liberated: The New Sexual Revolution
    86 minuti

Una rivoluzione sessuale guidata dai media. Giovani studenti in vacanza. Questa è la nuova normalità.

2,9
 
 
 

Tipologia

Documentario

Durata

86 minuti

Regista

Benjamin Nolot

Cast

Generi

Documentari

Audio

Inglese [originale]

Sottotitoli

Tedesco Greco Inglese Francese Italiano
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Recensione

Immaginate di dover guidare su un’enorme strada piena di tratti e curve pericolose, che nonostante sia rischioso è però l’unica via per poter arrivare al luogo che volete raggiungere. Decidete quindi di andare ad una certa velocità, di prendere quelle curve e quei tratti pericolosi con il vostro ritmo, fermandovi per vedere il paesaggio e ponendo molta attenzione a come guidate. In quella strada però non siete soli. Improvvisamente cominciano a suonarvi, invitandovi prepotentemente ad accelerare, a non fermarvi per vedere il paesaggio, ad adattare il vostro ritmo con quello delle macchine che avete attorno. Decidete quindi di adeguarvi, spingete il piede sull’acceleratore e iniziate anche voi a suonare e a urlare a chi ha scelto di guidare piano, di fermarsi per vedere il paesaggio, di andare con il proprio ritmo.
E’ questa l’immagine simbolica che più si avvicina al contenuto di Liberated il documentario firmato da Netflix che indaga sulla “nuova rivoluzione sessuale” del XXI secolo.
Il regista, scrittore e produttore, Benjamin Nolot, decide con coraggio e intelligenza di puntare le luci su un argomento molto complesso ma che mai come oggi - dopo il caso Weinstein e i movimenti #MeToo - sembra quanto di più necessario e urgente. Il regista di Nefarious: Merchant of Souls (documentario del 2011 sul mercato del sesso) segue le vicende di un gruppo di ragazzi provenienti dai college europei ed americani durante lo spring-break, le vacanze di primavera che molti studenti universitari si concedono come pausa dallo studio. Lo spring-break è però l’emblema e il simbolo di una cultura generazionale del divertimento fatta di sesso occasionale e violazione dell’intimità, espressione di una virilità nociva e una femminilità misurata sullo sguardo maschile. Diviso in quattro capitoli tematici: mascolinità, femminilità, sesso occasionale e violazione dell’intimità, il documentario si svolge prevalentemente sulle spiagge bianche e affollate di Panama City o di Cancun che diventano il teatro di una vera e propria performance di genere, in cui il corpo viene esposto e mostrato diventando il mezzo per brevi incontri intimi consumati nelle stanze dei residence. Dalle interviste di Shay, Adam e il suo gruppo di amici, ad esempio, viene fuori un punto di vista maschile sulle donne e sulla sessualità che scrittori e sociologi presenti nel film riconducono ai messaggi provenienti dai media e dalla politica. L’idea di un maschile prettamente bianco, eterosessuale, fisicamente dotato e che vanta conquiste multiple non è nient’altro che il prodotto di continui messaggi provenienti da Hollywood, dai videogames, dalla pornografia, dallo sport e dalla politica che trascinano da anni lo stereotipo del maschio virile che utilizza la donna come il mezzo per esprimere potere e controllo. Questa continua ansia di non essere all’altezza, questa pressione ad adattarsi per non rimanere indietro - e quindi essere esclusi da quei rapporti umani di cui abbiamo bisogno - è frutto di un flusso ininterrotto di pressioni mediali.
Se la virilità viene misurata dal controllo, dalla conquista e dal potere che si esercita sulle donne, essere femminile vuol dire vestirsi, comportarsi e avere il corpo che viene mostrato nelle riviste, nella tv, su Instagram. Nell’era di Beyoncè e di Kim Kardashian, le giovani ragazze sono continuamente in confronto con un unico modello di riferimento femminile e per questo inarrivabile. “Il concorso in bikini è stata la prova delle nostre vite” afferma Kimmy giovane ragazza californiana protagonista insieme all’amica Farrah del documentario. Le ragazze misurano sé stesse attraverso lo sguardo maschile sul loro corpo, su quanto sono “desiderabili” e desiderate. Se le donne sembrano aver raggiunto una completa emancipazione sul proprio corpo in realtà da questo racconto emergono ragazze fragili, insicure che annullano le proprie diversità e singolarità per adattarsi allo sguardo maschile. Ma emergono anche ragazzi altrettanto deboli, disorientati, in cerca di risposte. Liberated diventa un vero e proprio percorso che inizia analizzando la cultura del sesso occasionale per arrivate a quella che viene chiamata “cultura della violazione sessuale”. La coercizione sessuale diventa una conseguenza di questi modelli inarrivabili dove l’intrusione dell’intimità viene vista come normale. Ci viene detto che dobbiamo essere veri uomini o vere donne. Che dobbiamo conquistare, farci vedere, recitare una parte. Ma cosa succede quando ci viene chiesto: “cos’è per te l’amore?”. Forse, le risposte date in Liberated ci faranno pensare.

Il corpo che si espone, si mostra, diventa "mezzo". Il regista Benjamin Nolot decide con coraggio e intelligenza di puntare le luci su un argomento molto complesso ma che mai come oggi dopo il caso Weinstein e i movimenti #MeToo, sembra quanto di più necessario e urgente.